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venerdì 29 aprile 2011

Belluno Venezia Roma e ritorno: Tancredi

Ho visitato la mostra di Tancredi, a Feltre (BL).
Se avete l'opportunità, non fatevela scappare.
Concedetevi la piacevolezza di una passeggiata nella gradevole cittadina feltrina, salendo per via Paradiso fino al museo Carlo Rizzarda dove è allestita la mostra (di per sè già pregevole museo di arti decorative per la sua raccolta unica di oggetti in ferro battuto del primo Novecento), e ancora su, sino a piazza Maggiore, per poi riscendere per via Mezzaterra e terminare la gita, ad esempio, con un pranzo onesto e genuino al Crash, un'osteria che amo particolarmente.
Vi sentirete coccolati per tutto il giorno.
Quello che però a me è rimasto maggiormente negli occhi e nel cuore sono i colori e il tormento di quest'uomo, Tancredi Parmeggiani (ops, mio figlio è nato lo stesso giorno e nello stesso posto: Feltre, BL 1927 - Roma 1964), pittore eclettico e talentuoso degli anni cinquanta e sessanta, con una vita e una vicenda professionale unica che già lo contraddistinsero come genio e enfant prodige della nuova pittura italiana.
Al soffitto di una delle sale mirerete anche un enorme affresco (6 x 4 m) commissionato al Tancredi per la trattoria veneziana La Colomba, ritrovo di grandi protagonisti dell’arte moderna come Picasso, Vedova, De Chirico, Morandi, ecc.

l'allestimento della Colomba

Attraverso le 156 opere esposte potrete vedere esplorate tecniche diverse, orientate comunque verso la poetica informale.
Agli anni 50 risalgono le sue "Primavere", rappresentazioni di spazio cosmico, paesaggi universali con piccole pennellate quasi incontrollate e mosse che fanno pensare ad un prato infiorato.
Le Primavere ci parlano anche del suo incontro fondamentale con Peggy Guggenheim (forse un amore?).
La bizzarra collezionista e mecenate americana racconta: "Per Tancredi feci una delle rare eccezioni alla regola che mi ero imposta" accogliendolo nel suo Palazzo Venier dei Leoni a Venezia.
E ancora, raccontando nei dettagli la storia dell'incontro con l'artista: "Fin dal 1952 avevo finanziato un giovane pittore italiano di Feltre, che Bill Congdon mi aveva chiesto di aiutare, si chiamava Tancredi Parmeggiani, ma di solito usava soltanto il nome di battesimo, perchè il cognome ricordava troppo il formaggio. (...) era quello che in Italia si chiamava uno spazialista e le sue gouaches riempirono presto casa mia. Erano delicate ed aeree e fu molto facile venderle dopo il primo anno, durante il quale le avevo regalate a varie persone.
Siccome non avevo altro posto che la stanza degli ospiti per esporle e poi venderle, le accatastai sul letto, ma quando James Sweeney venne a Venezia e le vide, disse immediatamente: - Procura tele e colori a questo ragazzo, e lascia che si espanda: ha bisogno di spazio. -
Feci come mi era stato consigliato e i problemi di spazio diventarono tali che non seppi più dove esporre le tele. Per diversi anni Tancredi lavorò in cantina, e fu un gran sollievo quando se ne andò, perchè faceva impazzire i camerieri camminando per tutta la casa con le scarpe sporche di colore, tanto che dopo che se ne fu andato ci vollero quattro giorni per togliere tutto quel pasticcio dal pavimento dello studio, ora adibito al museo di Pollock."
(Lei donò al Moma NY la tela che lui le dedicò.)


La sua espressione malinconica... «Il viso pallido, fine, bello, un pò trasparente. Aveva come una sprovvedutezza infantile», scriveva Dino Buzzati.
(Una certa somiglianza a Tenco, a me pare perfino d'intravvedere. Stessi anni e stesso epilogo, del resto...)
"Io non so scrivere, forse riuscirò a dipingere quello che sento" pare rispondere allo scrittore conterraneo.

Il segno poi viene a coincidere con l'agire...
"Ho impiegato una forma molto semplice per controllare lo spazio, il puntino. " egli racconta, "Il punto è l'elemento geometrico meno misurabile che ci sia, ma il più immediato da ideare.
Qualunque forma relativa alle dimensioni del mio quadro ha per legge il vuoto da tutte le parti."

Ho apprezzato i primi disegni a matita, dal tratto pulito e senza incertezza.


Le Facezie, quelli che chiamati così eran scherzi, leggerezze, con un poco di amarezza...

I Diari Paesani, prove di grande felicità creativa, fioriti e colorati con la leggerezza di un ultimo sussulto di energia vitale, prima di soccombere alla malattia.


I suoi diari alla fine parlano dell'angoscia di fronte alla consapevolezza e l'impotenza dei divieti imposti all'artista internato: "Ho compreso come é proibito avere sonno, ridere, piangere, parlare e non parlare... sognare e non sognare... vivere e morire".
Nel 1964, in una sera settembrina, si getta nelle acque del Tevere, a soli 37 anni.


La corrente, a ritroso, oggi ti riporta nei luoghi natii, Tancredi caro.
Benvenuto a casa.
Grazie.
Puoi inzaccherare i pavimenti in libertà, ora, quanto vuoi.

Io intanto rincaso invece ripetendo le tue parole come un mantra:
"La sola cosa che posso fare è dipingere"... "La sola cosa che posso fare è dipingere"... "La sola cosa che posso fare è dipingere"...



il link alla mostra qui

(alcune delle foto sono prese in rete)

9 commenti:

  1. Felice diconoscerti, tancredi. Grazie roberta

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  2. che bellezza. sì. grazie dell'indicazione :)

    e pensa che Verifica Prola mi dice REVER....

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  3. emozionante e interessante, grazie!

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  4. ho imparato qualcosa di molto interessante

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  5. grazie a tutti voi per aver ripercorso queste tracce, con me.

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  6. Un artista che non conoscevo. Grazie mille per questa segnalazione così ricca e partecipata.
    Abito lontano ma cercherò di andare a visitare questa mostra.
    Duni

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  7. Duni: anche Feltre, se non la conosci, ti piacerà sicuramente!

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