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lunedì 23 febbraio 2015

Verso del tè, verbo del tè. (il Lapacho)


Mi è capitato di disegnare ancora una volta di tè.
Contagiata dalla haikumania (vedi qui), mi azzardo a comporre anch'io.

Io, verbo del tè
fogliame solubile,
liquido scorro.


Verso, verbo, verso...
Quello che sto bevendo in questo momento magari proprio tè non è, ma sempre in tema siamo.
Ho scoperto recentemente il Lapacho. Lo conoscete già?

È il nome col quale gli Indios del sud America chiamavano la Tabebuia (bot. Tecoma Curialis o Tabebuia Avellanedae), conosciuto ed utilizzato già presso gli Incas. È noto pure col nome portoghese di "pau d’arcu" che significa “bastone per archi”.
Della pianta viene utilizzata la parte interna della corteccia.
Possiede, per uso interno, proprietà antibatteriche, antiinfiammatorie, antidolorifiche, immunostimolanti ed antidepressive, grazie alla presenza di alcaloidi e aminoacidi preziosi. Per uso topico si è rivelato utile per la cura di lesioni cutanee, psoriasi o punture di insetti; è inoltre un diuretico ed un ottimo disintossicante.

Il decotto va preparato in acqua fredda (1 litro) a cui si uniscono 2-4 cucchiai di Lapacho.
Si porta ad ebollizione e si lascia bollire coperto a fuoco vivo per 15 minuti, quindi altri 10 minuti a fuoco dolce. Infine si lascia raffreddare completamente prima di filtrare.
Può essere preparato in anticipo tranquillamente il giorno prima e tenuto in frigorifero ed intiepidito all'occorrenza.
Puro (o dolcificato) o con l'aggiunta di limone secondo i vostri gusti, ha un sapore leggermente legnoso, ma piacevole. Non contiene caffeina.
Io non mi dilungo oltre, ma in rete, se siete interessati, troverete molte altre informazioni sulle sue proprietà preziose.



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