mercoledì 9 novembre 2011

Carciofi cum lode - L'ode al carciofo


Ricompaiono i carciofi sul banco del verduraio, con gran gioia del mio palato.
Considerato però il tempo che si impiega per doverli mondare bene, finisco per acquistarli sempre meno spesso di quanto li desidererei mangiare.
I bambini inoltre spesso non li amano molto, spesso proprio per il loro eccesso di fibre e il sapore amarognolo, obbligando a sovrastarli con altri sapori.
Io ora faccio spesso così e ne apprezzo appieno la bontà, sfruttandone al massimo la spesa me ntre anche Giacomo si lecca i baffi.

Taglio il gambo ad un paio di cm dal fiore. Tolgo solo 2-3 foglie, anche se sfortunatamente il carciofo apparisse duro o poco sodo e per questo vi inducesse ad essere invece più impietosi.
Taglio la punta approssimativamente, operando obliquamente, come dovessi appuntire ad una matita. Ribadisco però: lo scopo è togliere solo la punta delle foglie! Non temete di lasciare foglie dure perchè non sarà questo un problema.
Taglio quindi a metà ogni fiore e tolgo l'eventuale barba e tuffo in acqua e limone, come al solito.
Tolgo i filamenti ai gambi e li taglio a pezzi grossolani (ciascuno in 2 o 3 pezzi). Anche in questo caso non dobbiamo preoccuparci di lasciarvene qualcuno.
Nella pentola a pressione metto un cucchiaio d'olio, uno spicchio d'aglio tagliato a metà e faccio scaldare.
Unisco tutta la verdura, precedentemente ben scolata ed unisco sale ed un dito d'acqua.
Cuocio a pressione per 10-15 min dal fischio, abbassando la fiamma.
Con una schiumarola raccolgo i pezzi di carciofi (aglio compreso) e li passo al passaverdura (non al mixer, nè col frullatore ad immersione, mi raccomando).
Ne risulterà una crema fine, sfruttando al massimo la polpa dell'ortaggio.
Tengo da parte anche quel dito di acqua di cottura che, una volta filtrata, potrà servire ad allungare la crema a seconda dell'uso che ne farò.

Aromatizzata a scelta con uno o più di questi ingredienti: prezzemolo, peperoncino, pepe di sichuan, olive nere, capperi, menta, origano, pomodori o fichi secchi, pinoli, pistacchi, ecc... con o senza besciamella, con yogurt e buccia di arancia o limone, con tartufo, con passato di fagioli... la crema così ottenuta potrà essere utilizzata in mille modi: ovviamente vellutata e poi su bruschette o pizza, ma naturalmente pasta, risotto, lasagne, ravioli, cannelloni, gnocchi (per condirli o direttamente nell'impasto)...
e ancora unita a pesce (crostacei, molluschi, acciughe, salmone affumicato, bottarga per esempio ma anche pesce a polpa cotto a vapore) o tofu, seitan o tempeh, per terrine, sformati, flan, bavaresi e torte salate, addensandola con agar agar o maizena (o kuzu, arrow arrow, o farina di riso o d'altro genere).
Tralascio le più ovvie preparazioni carnivore e con formaggio.
Può essere infine congelata.

Ovviamente non mi azzardo a fare così con carciofi meravigliosamente belli come fiori o mamme romane.


Il carciofo dal tenero cuore si vestì da guerriero,
ispida edificò una piccola cupola,
si mantenne all'asciutto sotto le sue squame,
vicino al lui i vegetali impazziti si arricciarono,
divennero viticci,
infiorescenze commoventi rizomi;
sotterranea dormì la carota dai baffi rossi,
la vigna inaridì i suoi rami dai quali sale il vino,
la verza si mise a provar gonne,
l'origano a profumare il mondo,
e il dolce carciofo lì nell'orto vestito da guerriero,
brunito come bomba a mano,
orgoglioso,
e un bel giorno,
a ranghi serrati,
in grandi canestri di vimini,
marciò verso il mercato a realizzare il suo sogno:
la milizia.
Nei filari mai fu così marziale come al mercato,
gli uomini in mezzo ai legumi coi bianchi spolverini erano i generali dei carciofi,
file compatte,
voci di comando e la detonazione di una cassetta che cade,
ma allora arriva Maria col suo paniere,
sceglie un carciofo,
non lo teme,
lo esamina,
l'osserva contro luce come se fosse un uovo,
lo compra,
lo confonde nella sua borsa con un paio di scarpe,
con un cavolo e una bottiglia di aceto finché,
entrando in cucina,
lo tuffa nella pentola.
Così finisce in pace la carriera del vegetale armato che si chiama carciofo,
poi squama per squama spogliamo la delizia e mangiamo la pacifica pasta
del suo cuore verde.
(P. Neruda)

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