Si fosse n'auciello, ogne matina
vurria cantà 'ncoppa 'a fenesta toja:
"Bongiorno, ammore mio, bongiorno, ammore!".
E po' vurria zumpà 'ncoppa 'e capille
e chiano chiano, comme a na carezza,
cu stu beccuccio accussi piccerillo,
mme te mangiasse 'e vase a pezzechillo...
si fosse nu canario o nu cardillo.
Antonio De Curtis
Pulcinella, d’altro canto, non è una “maschera” come le altre.
Un racconto tradizionale napoletano racconta:
Pulcinella sta ballando ed è allegro quando incontra una gallina, Cicerenella. Pulcinella la seduce e la monta, poi la arrostisce e sta per mangiarsela. Arriva Chirichichiò, il gallo, che riconosce la sua amata e vuole vendicare la sua miserevole fine. Chiama il suo amico Farfariello (che in napoletano è il diavolo); questi fa una “diavoleria” contro il responsabile Pulcinella. Quando Pulcinella mangia la gallina Cicerenella, la pancia gli si gonfia all’inverosimile. Il dottore, prontamente accorso, libera da sotto la camicia di Pulcinella un grande uovo che Pulcinella si mette a covare. Il guscio si apre e ne esce un Pulcinellino, poi un altro… sono cinque i nuovi nati che, appena fuori dall’uovo, già vestiti e con le sembianze identiche a quelle del padre (che è al contempo loro madre) si buttano voraci su un piatto di maccheroni. A Venezia, i maccheroni diventano gnocchi. L’alto cappello a cono tronco del Pulcinella veneziano, altro non è che la pentola per cuocere gli gnocchi, rovesciata e indossata a mò di copertura del capo, e sempre pronta per la bisogna.
vurria cantà 'ncoppa 'a fenesta toja:
"Bongiorno, ammore mio, bongiorno, ammore!".
E po' vurria zumpà 'ncoppa 'e capille
e chiano chiano, comme a na carezza,
cu stu beccuccio accussi piccerillo,
mme te mangiasse 'e vase a pezzechillo...
si fosse nu canario o nu cardillo.
Antonio De Curtis
Pulcinella, d’altro canto, non è una “maschera” come le altre.
Un racconto tradizionale napoletano racconta:
Pulcinella sta ballando ed è allegro quando incontra una gallina, Cicerenella. Pulcinella la seduce e la monta, poi la arrostisce e sta per mangiarsela. Arriva Chirichichiò, il gallo, che riconosce la sua amata e vuole vendicare la sua miserevole fine. Chiama il suo amico Farfariello (che in napoletano è il diavolo); questi fa una “diavoleria” contro il responsabile Pulcinella. Quando Pulcinella mangia la gallina Cicerenella, la pancia gli si gonfia all’inverosimile. Il dottore, prontamente accorso, libera da sotto la camicia di Pulcinella un grande uovo che Pulcinella si mette a covare. Il guscio si apre e ne esce un Pulcinellino, poi un altro… sono cinque i nuovi nati che, appena fuori dall’uovo, già vestiti e con le sembianze identiche a quelle del padre (che è al contempo loro madre) si buttano voraci su un piatto di maccheroni. A Venezia, i maccheroni diventano gnocchi. L’alto cappello a cono tronco del Pulcinella veneziano, altro non è che la pentola per cuocere gli gnocchi, rovesciata e indossata a mò di copertura del capo, e sempre pronta per la bisogna.
(da Hetty Paerl, Pulcinella. La misteriosa maschera della cultura europea, Apeiron 2002)
Il nome (forse dal latino tardo pullicens, 'pulcino', usato nel senso di 'sempliciotto') sarebbe secondo alcuni da fare risalire alla voce chioccia del personaggio, o al naso a becco, o alla corruzione di un cognome diffuso a Napoli e dintorni, Pulcinello o Polsinelli.
Il nome (forse dal latino tardo pullicens, 'pulcino', usato nel senso di 'sempliciotto') sarebbe secondo alcuni da fare risalire alla voce chioccia del personaggio, o al naso a becco, o alla corruzione di un cognome diffuso a Napoli e dintorni, Pulcinello o Polsinelli.