domenica 27 novembre 2011

In groppa ad un fagiolo (zuppa di carciofi e fagioli)







Questa è la storia di 5 fagioli.
Uno per Giacomo, uno per cobrizomamma, uno per cobrizopapà, e due di scorta ché si può sempre forare...
Era settembre che stavamo a sgusciar baccelli e sgranar legumi freschi, quando Giacomo mi disse che voleva farne germogliar qualcuno, con la consueta magia dell'ovatta imbibita d'acqua.
In pochi giorni il tegumento era crepato e già scoppiata una virgola bianca di vita.
Giacomo altrettanto premeva perchè quei semi fossero messi subito in vaso.
Io dicevo: - Ma a settembre?! A settembre la terra si prepara a riposare, Giacomo, non ad accogliere nuovi ospiti! -
Son seguiti scambi di opinioni tra i pollici adulti, verdi e molto meno verdi in famiglia, mentre l'uno tentava di smussare ed ingentilire la rude praticità dell'altra che riportava a terra progetti volanti, nel timore alimentassero solo piccole delusioni e grandi confusioni.
Così i cinque semi son stati collocati in un'umile vaschetta che è stata dimenticata sul terrazzo per un poco, complice l'inusuale calore del sole ottobrino.
Poi un dì, un urlo, fortissimo, di Giacomo, che Cobrizo ormai si immaginava sfracellatosi chissà dove, non vedendolo. La sua faccia invece era paralizzata dall'incanto, a bocca aperta, di fronte a cinque piantine che ormai erano alte dieci centimetri.
Il vaso conquistava così spazio in un bagno luminoso per ripararsi dai primi freddi.
Allora una prima corsa, al consorzio, per comprar asticelle di sostegno e poi una seconda per procurar prolunghe per le stesse perchè i virgulti s'inerpicavano inarrestabilmente.
Poi i fiori a fine ottobre e, sì, i primi accenni di baccelli, sottili e fragili, a novembre.
Una manina premurosa continua ad accudirli ogni giorno, parlando loro con soddisfazione.
Questi i frutti ad oggi, 27 novembre.





Cobrizo sorride, alza bandiera bianca e cerca di far sua la lezione d'azzardo e di fiducia.
Intanto, in groppa ad un fagiolo, rincorre un'idea per inventare una fine sublime da dare a quei chicchi prodigiosi.

Passo, trotto, galoppo...

La ricetta che la sfagiola è questa:

100 gr di fagioli freschi
4 carciofi (oppure un po' di questa purea se, lungimiranti, ne abbiamo riposto in freezer)
un bicchiere di latte di soia (facoltativo)
2 cucchiai di olio extravergine d'oliva
1 cucchiaio di brodo vegetale (questo) per il brodo
1 cipolla
uno spicchio di aglio (facoltativo)
qualche foglia di salvia (facoltativa)
sale e pepe
pane a fette

Cuocere i fagioli in acqua non salata, meglio ancora se con un pezzo d'alga kombu per aumentarne la digeribilità (io uso la pentola pressione con tanta acqua giusto per coprirli).
Mondare i carciofi, eliminando l'eventuale barba, tagliarli a fettine e immergerli in acqua acidulata con succo di limone per evitare che anneriscano.
Affettare sottilmente la cipolla e fatela appassire in una casseruola di coccio con l'olio e lo spicchio d'aglio (che può essere eliminato).
Aggiungere i carciofi, la salvia e il poco brodo caldo necessario perchè rimangano ben bagnati e morbidi. Cuocere per 20 minuti (facendo sempre attenzione se necessitano di altro brodo, ma evitando di non ritrovarvi alla fine con troppo liquido).
Unire i fagioli cotti e la loro acqua di cottura. Cuocete ancora per 10-15 minuti, con pentola scoperta.
Passate finemente al passaverdura carciofi e fagioli (lasciandone a parte un mestolo, se gradito, a pezzi). Riversate il passato nella casseruola e allungare, se occorre e se gradito, con il latte di soia.
Regolate di sale e pepe.
Servite con crostini di pane tostato o fritto.



venerdì 25 novembre 2011

La castagna che visse due volte. (acquarello in un unico atto)



Una tazza di ceci cotti avanzati incontrano una quindicina di castagne arrostite.
Ed è subito amore.

Si ringraziano un goccio d'olio, un'idea di aglio, qualche grano di pepe, una cucchiaiata di rosmarino, un pizzico di peperoncino, uno spruzzo di shoyu.

Con la partecipazione straordinaria di un pennello, che guizza come in un occhio felino, in notturna.




In alternativa possono essere ovviamente usati anche ceci acquistati già cotti (purchè lavati e scolati e meglio se bio ed in vasetto di vetro, anzichè in latta) e castagne secche.
In un tegame possibilmente di coccio, scaldare un cucchiaio di olio e profumarlo con uno spicchio d'aglio, il rosmarino e il peperoncino (in dosi a piacere). Aggiungere i ceci e le castagne ammollate e cotte, qualche grano di pepe (il mio un mix di rosa, verde e nero) e mezzo litro (più o meno) d'acqua calda salata appena un poco. Lasciar cuocere pochi minuti. Togliere l'aglio e frullare finemente i ceci e le castagne. Versare in coppette individuali. Emulsionare un paio di cucchiai d'olio con un cucchiaio di shoyu (o tamari) e dipingere, ops, condire la passatina.
Credo che anche qualche tocchetto di limone confit non guasterebbe, in aggiunta, per decorare.


martedì 22 novembre 2011

Fiocco marron: torta cioccolato e pere

E' nata questa: semplice e veloce da fare, ma peccaminosa e profumata il giusto, per i veri amanti del fondente.
Non vi deluderà. Anzi, anche se apparteneste alla folta schiera degli scettici che credono ancora impossibile una torta senza uova, burro, nè zucchero.
Perchè non accettate di provarci?




200 gr di farina bianca (io la preferisco semintegrale; sperimentate se di frumento, farro, ...)
85 gr di olio di mais (o anche un extravergine d'oliva, molto delicato)
100 gr di cioccolato fondente 72% (o di minor percentuale a vostro piacere)
70 gr di malto di riso (o succo d'agave o sciroppo d'acero)
70 gr di latte di soia (o di riso) non zuccherato
una bustina di cremortartaro*
2 pere grosse ben mature e dolci
un pizzico di sale
(vedi anche nota in calce)


Nel mixer polverizzare il cioccolato nella farina con un pizzico di sale.
Unire il cremortaro e mescolare.
Inglobare l'olio, il malto di riso e il latte e mescolare ancora.
Versare in una tortiera unta ed infarinata l'impasto.
Lavare, sbucciare e tagliare le pere a fette, quindi disporle sopra l'impasto, a raggiera, infossandole un poco.
Infornare a 170° per 35-40 min. in forno statico (o q.b., secondo la prova dello stecchino)

Nota bene:
Una seconda versione ha visto anche l'impiego delle mandorle in copertura; una terza invece l'aggiunta di buccia d'arancia grattugiata nell'impasto; una quarta con l'aggiunta di zenzero candito; una quinta con 3 pere anziché 2; una quinta con cioccolato fondente con percentuale più bassa.
Funziona sempre.
Anche con 250 gr di farina e solo 50-60 gr di olio, aggiustando con un po' più di latte...


Se vi piace questo genere di ricette dolci, ma sane, provate anche queste:

* il nome chimico è bitartrato di potassio, ma è semplicemente un agente lievitante naturale. Può essere usato da solo, ma spesso è venduto miscelato a bicarbonato di sodio, che lo attiva, in presenza di acqua.
E' amato anche dai vegetariani e vegani perchè il lievito chimico contiene invece spesso uno stabilizzante che può provenire da bovini o da suini.
Inoltre ha il pregio, per gli intolleranti, di non contenere i microorganismi tipici ad esempio del lievito di birra, che fanno fermentare gli zuccheri.





Marron dicevo, dolceamaro al cioccolato, sì, ma fiocco perchè oggi si festeggia anche una nascita, anzi una rinascita, dal fango!
Tutto quel che è iniziato qui con questo logo di Cobrizo:

sta dando i primi frutti: ancora con molte difficoltà, dubbi e tanta stanchezza, ma oggi riapre il locale Officina di Cucina a Genova. (leggete meglio qui!)
In bocca al lupo dunque a Chiara e Claudia, distrutte, ma di nuovo in corsa, e grazie a tutti coloro che hanno aderito all'acCORdo offrendo il loro contributo.
La storia non è finita... incrociate dunque le dita, perchè questo è il momento più delicato: c'è bisogno più che mai di paziente e rispettosa presenza.



domenica 13 novembre 2011

Ridi, che la mamma ha fatto gli gnocchi!



Solo Giacomo (mio figlio), durante uno dei suoi giochi, poteva convincere Cobrizo (io, Roberta) a mettersi in testa una cofana gialla e fare click, la scorsa estate.
Ogni volta a vederla, adesso, vien da ridere.
Così, quando una gentil signorina ha chiesto a Roberta una foto-ritratto a corredo di un ameno abboccamento tra le due, lei non sapeva proprio che pesci pigliare, perchè di foto ne ha così poche, di sue.
Ma le è tornata in mente quella cofana buffa e così, sopra la testa di quel Cobrizopulcinella, ha disegnato un'idea golosa, talvolta dolce talvolta luminosa, ed ha deciso di togliere ogni maschera, anche perchè ben nasuta è già, di suo.


I cinque quesiti formulati dalla gentil signorina a Cobrizo qui (sì, insomma l'intervista di Elle a Tavola)



Solo oggi mi ritorna il mente anche un vecchio post scritto appunto su Pulcinella:

"Quando Pulcinella mangia la gallina Cicerenella, la pancia gli si gonfia all’inverosimile. Il dottore, prontamente accorso, libera da sotto la camicia di Pulcinella un grande uovo che Pulcinella si mette a covare. Il guscio si apre e ne esce un Pulcinellino, poi un altro… sono cinque i nuovi nati che, appena fuori dall’uovo, già vestiti e con le sembianze identiche a quelle del padre (che è al contempo loro madre) si buttano voraci su un piatto di maccheroni. A Venezia, i maccheroni diventano gnocchi. L’alto cappello a cono tronco del Pulcinella veneziano, altro non è che la pentola per cuocere gli gnocchi, rovesciata e indossata a mò di copertura del capo, e sempre pronta per la bisogna."

(da Hetty Paerl, Pulcinella. La misteriosa maschera della cultura europea, Apeiron 2002)
Il vecchio post su Pulcinella, con un disegno che era forse dunque premonitore qui

Roberta ringrazia infine la gentil signorina per il piacevole incontro, ma pure Cobrizo, con gratitudine, per averle fatto stretta compagnia in questi anni di blog.


venerdì 11 novembre 2011

Squadra che vince non si cambia


Questa bella immagine colorata ed autunnale mi è giunta oggi per mail.
E' un giardino giapponese ... ma quei cavoli e quelle grandi foglie che vedete a terra, in realtà, sono di vetro!



E' un'istallazione di due amici artisti giapponesi che lavorano con pâte de verre.
Ve li ricordate? Ve ne avevo parlato qui e qui dove avevo raccontato della loro arte e del loro coinvolgimento nel disastro di Fukushima.

broccoli e cavolfiori in vetro - Kimiake e Shin-ichi Higuchi

Con un mio piccolo disegno avevo dato il via ad una catena che, grazie a molti di voi, ha viaggiato per la rete per far conoscere il dramma di quel paese, attraverso le parole di una loro mail dello scorso marzo e divulgando quell'intesa, in armonia .

(vedi qui)

Oggi vi riporto nuovamente le loro parole, non tanto, purtroppo, a totale e felice conclusione dell'accaduto, ma a testimonianza che quella catena, anche grazie a tutti voi che mi leggete, ha comunque portato sostegno.
Nonostante le difficoltà non siano completamente risolte e il pericolo persista, le foto ci raccontano del loro lavoro che è ripreso coraggiosamente, così da riuscire ad organizzare un'istallazione.
Le loro parole testimoniano una profonda fedeltà per il loro paese che dovremmo prendere ad esempio.

"Dear Roberta,
we hope everything is going well with you.

We are delighted to announce that our studio regained function at last, after more than seven months passed through since that tragedy 11 March.
Your kind words helped us to push forward, and your support contributed to the rebuilding greatly. We shall never forget your kindness.
We held an open studio accompanying petit exhibition last weekend to celebrate the completion of our studio and it was over successfully.
We keep a further challenge in mind and want to achieve the contribution to the society from now on.
The radioactive contamination by the Fukushima nuclear plant accident is still serious. But we decide to stay here and we face reality and do our best in the solution of this big problem. Although it is very hard to be able to concentrate on work with those heavy weight around us.
Thank you again and please expect our new works.

Sincerely,
Kimiake e Shin-ichi Higuchi


Ora però vi invito a guardare queste altre immagini tristi.


Il disastro genovese ha colpito tanti, inaspettatamente e pesantemente. Senza voler fare alcun torto a tutti gli altri coinvolti, è più immediato però partire da chi si conosce ed io sento dunque di voler iniziare a pensare a Chiara di Tocco&Tacchi che ho incontrato personalmente, in occasione di un incontro gioioso tra foodblogger, un po' di tempo fa.
L'immagine che ancora ho di lei davanti agli occhi, quel giorno, è quello di una donna molto capace e concreta, sempre sorridente e che mai si è fermata un attimo anche mentre tutti gli altri mangiavano e bevevano spensieratamente, ma instancabilmente sfornava continuamente pizza e dolcini golosissimi, senza concedersi il relax della festa.
Chiara da soli tre mesi aveva coronato finalmente il suo sogno: con una socia aveva aperto un ristorante, Officina di Cucina, impiegando tanto impegno, passione, entusiasmo e sacrificio.
Poi il 4 novembre, alle 12.30, a Genova è arrivata l'acqua che ha distrutto tutto, rendendo inutilizzabili arredi ed attrezzature. (potete vedere altre foto qui)
Mi si è stretto il cuore a vederle.
Un'amica vicina a loro ha avviato una sottoscrizione per contribuire a rimettere in piedi il locale.
Mi facevo scrupoli che parlarne qui potesse risultare indelicato nei loro confronti, ma, in quanto conto aperto non da, ma per L'Officina di Cucina, quest'ultima riceverà solo alla fine la cifra totale i cui donatori risulteranno anonimi, come è giusto che sia per entrambe le parti.

A
vendo dunque avuto l'autorizzazione a diffondere pubblicamente la notizia dell'iniziativa da colei in persona che ha avviato la sottoscrizione a favore dell'Officina, ne riporto fiduciosamente qui gli estremi:

IBAN: IT86T0617501410000001648580

Swift Code: CRGE IT GG 110 (per i versamenti effettuati dall'estero)
Intestato a: OFFICINA DI CUCINA S.N.C. FONDI ALLUVIONE 2011 NEGOZIO
BANCA CARIGE SPA - AG. 10 -GENOVA


Se lo gradite, potete contribuire alla ricostruzione dell'Officina di Cucina, anche solo semplicemente diffondendo la notizia.

Tutto qui. Ricerco accordo, ecco, nuovamente tra voi.
Che dite, ci acCORdiamo un'altra volta? ;-) ( in latino cor, cordis ="cuore")


Vi lascio infine questo mio banner, se vi può servire per diffondere questo appello, come meglio credete: non deve mica rimandare a me, ma solo connotare più maglie di un'unica lunga catena che deve continuare oltre... perchè "Banner che vince, non si cambia"!: questa volta però sarà rosa, perchè parte da un'officina tutta al femminile, con un cuore verde, gonfio di speranza.
Grazie.


Aggiornamento in data 17.11.11
La squadra per Officina di Cucina si è allargata assumendo proporzioni inaspettate:
tantissimi blogger hanno diffuso la notizia aderendo all'acCORdo: arrivano numerosi versamenti nel conto e molte aziende stanno contribuendo ad inviare derrate ed attrezzatura. (potete leggere dettagli più specifici in proposito qui )
Non posso che aggiungere il mio grazie per tutti voi.



mercoledì 9 novembre 2011

Carciofi cum lode - L'ode al carciofo


Ricompaiono i carciofi sul banco del verduraio, con gran gioia del mio palato.
Considerato però il tempo che si impiega per doverli mondare bene, finisco per acquistarli sempre meno spesso di quanto li desidererei mangiare.
I bambini inoltre spesso non li amano molto, spesso proprio per il loro eccesso di fibre e il sapore amarognolo, obbligando a sovrastarli con altri sapori.
Io ora faccio spesso così e ne apprezzo appieno la bontà, sfruttandone al massimo la spesa me ntre anche Giacomo si lecca i baffi.

Taglio il gambo ad un paio di cm dal fiore. Tolgo solo 2-3 foglie, anche se sfortunatamente il carciofo apparisse duro o poco sodo e per questo vi inducesse ad essere invece più impietosi.
Taglio la punta approssimativamente, operando obliquamente, come dovessi appuntire ad una matita. Ribadisco però: lo scopo è togliere solo la punta delle foglie! Non temete di lasciare foglie dure perchè non sarà questo un problema.
Taglio quindi a metà ogni fiore e tolgo l'eventuale barba e tuffo in acqua e limone, come al solito.
Tolgo i filamenti ai gambi e li taglio a pezzi grossolani (ciascuno in 2 o 3 pezzi). Anche in questo caso non dobbiamo preoccuparci di lasciarvene qualcuno.
Nella pentola a pressione metto un cucchiaio d'olio, uno spicchio d'aglio tagliato a metà e faccio scaldare.
Unisco tutta la verdura, precedentemente ben scolata ed unisco sale ed un dito d'acqua.
Cuocio a pressione per 10-15 min dal fischio, abbassando la fiamma.
Con una schiumarola raccolgo i pezzi di carciofi (aglio compreso) e li passo al passaverdura (non al mixer, nè col frullatore ad immersione, mi raccomando).
Ne risulterà una crema fine, sfruttando al massimo la polpa dell'ortaggio.
Tengo da parte anche quel dito di acqua di cottura che, una volta filtrata, potrà servire ad allungare la crema a seconda dell'uso che ne farò.

Aromatizzata a scelta con uno o più di questi ingredienti: prezzemolo, peperoncino, pepe di sichuan, olive nere, capperi, menta, origano, pomodori o fichi secchi, pinoli, pistacchi, ecc... con o senza besciamella, con yogurt e buccia di arancia o limone, con tartufo, con passato di fagioli... la crema così ottenuta potrà essere utilizzata in mille modi: ovviamente vellutata e poi su bruschette o pizza, ma naturalmente pasta, risotto, lasagne, ravioli, cannelloni, gnocchi (per condirli o direttamente nell'impasto)...
e ancora unita a pesce (crostacei, molluschi, acciughe, salmone affumicato, bottarga per esempio ma anche pesce a polpa cotto a vapore) o tofu, seitan o tempeh, per terrine, sformati, flan, bavaresi e torte salate, addensandola con agar agar o maizena (o kuzu, arrow arrow, o farina di riso o d'altro genere).
Tralascio le più ovvie preparazioni carnivore e con formaggio.
Può essere infine congelata.

Ovviamente non mi azzardo a fare così con carciofi meravigliosamente belli come fiori o mamme romane.


Il carciofo dal tenero cuore si vestì da guerriero,
ispida edificò una piccola cupola,
si mantenne all'asciutto sotto le sue squame,
vicino al lui i vegetali impazziti si arricciarono,
divennero viticci,
infiorescenze commoventi rizomi;
sotterranea dormì la carota dai baffi rossi,
la vigna inaridì i suoi rami dai quali sale il vino,
la verza si mise a provar gonne,
l'origano a profumare il mondo,
e il dolce carciofo lì nell'orto vestito da guerriero,
brunito come bomba a mano,
orgoglioso,
e un bel giorno,
a ranghi serrati,
in grandi canestri di vimini,
marciò verso il mercato a realizzare il suo sogno:
la milizia.
Nei filari mai fu così marziale come al mercato,
gli uomini in mezzo ai legumi coi bianchi spolverini erano i generali dei carciofi,
file compatte,
voci di comando e la detonazione di una cassetta che cade,
ma allora arriva Maria col suo paniere,
sceglie un carciofo,
non lo teme,
lo esamina,
l'osserva contro luce come se fosse un uovo,
lo compra,
lo confonde nella sua borsa con un paio di scarpe,
con un cavolo e una bottiglia di aceto finché,
entrando in cucina,
lo tuffa nella pentola.
Così finisce in pace la carriera del vegetale armato che si chiama carciofo,
poi squama per squama spogliamo la delizia e mangiamo la pacifica pasta
del suo cuore verde.
(P. Neruda)